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La rivolta Antispagnola (1674-1678) e decadenza di Messina come potenza Mediterranea - di Antonio Cattino.

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La flotta Francese imbarca gli esuli messinesi alle Case Pinte - Ringo ( imbarcadero di villa Marullo?)


Messina fino al 1556, anno della seconda pestilenza del XVI secolo, era una città fiorente, una delle maggiori potenze commerciali del Mediterraneo, che ambiva a divenire repubblica marinara:
 Una canzone popolare del ‘600 da me scoperta ed utilizzata in un racconto in prosa ed in versi:
“ Lu schiavu di Missina” ( Lo schiavo di Messina):

"Ah che bedda Missina!                                                       "Ah  che bella Messina!            
 Ah si ti putissi aviri nta li me mani ! “                                  Ah se ti potessi avere nelle mie mani!”
Rispunni lu scavu a la catina:                                                Risponde lo schiavo alla catena:
“Missina è bedda e nun si po' pigghiari,                             “ Messina è bella e non si può prendere,
teni li castidduzzi a la marina,                                               tiene i castelletti alla marina,
spara dû Sabbaturi la culumbrina !"                                      spara dal San Salvatore la columbrina!”
( antichi versi d'ignotu missinisi)                                            (antichi versi d’ignoto messinese)

Era la fini di lu seculu diciassetti e la Sicilia era un viciriami di la curuna di Spagna…
Era la fine del diciassettemo secolo e la Sicilia era un vice reame della Corona di Spagna…
La crisi economica, che da un lato rendeva insopportabili i balzelli e le tasse del governo spagnolo, accentuarono gli scontri in città delle fazioni da un lato i filospagnoli e dall’altro i cittadini  antispagnoli,  nobili, grandi borghesi, proprietari terrieri, armatori e professionisti, classe senatoria ecc, le due fazioni si organizzarono anche militarmente, denominandosi Merli e Malvizzi.

I MERLI erano la fazione filospagnola, formata dal popolo minuto, dalla piccola borghesia, che agitavano l’instaurazione a Messina di un governo del popolo una sorta di Comune sotto l’egida della Spagna.
 I MALVIZZI era la fazione in cui si riconoscevano, la Nobiltà, l’alta borghesia commerciale, la classe Senatoria, gli armatori, cioè tutti quegli strati sociali d’alto ceto che detenevano il governo di Messina, i malvizzi erano antispagnoli, essi ambivano tra l’altro a conservare gli antichi privilegi ed il rango della città quale capitale della Sicilia, in opposizione a Palermo.

Gli scontri si facevano sempre più numerosi e cruenti, incentivati dallo Stratigoto di nomina spagnola, Luis dell’ Hojo, che metteva una fazione contro l’ altra, con lo scopo di accentuare il declino della città a beneficio di Palermo filospagnola.

“ Merli Merli, ammazza! Ammazza!”
“ Malvizzi Malvizzi, ammazza! Ammazza!”

Nel 1674 vi fu quindi un pronunciamento di nobili e Senatori contro lo Stratigoto, fu inviata una delegazione a Palermo per spiegare al Vicerè la situazione, il Vicere, Don Claudio di La Moraldo, venne a Messina, destituì lo Stratigoto, riempì  i granai, alleggerì le tasse, ma tutto fu inutile, i messinesi questa volta uniti, decisero di continuare la lotta contro la Spagna. Si raggiunse quindi un trattato di protezione ed alleanza con la Francia, si giurò fedeltà al Re di Francia Luigi XIV, il re accettò e mandò a Messina il Duca di Vivonne, Luis Victor de Roche Court ecc ecc

“ Vive le Roi de France!
“longue vie au Roi Luis! ”

Messina con l’aiuto dei francesi riconquistò tutto il territorio della sua giurisdizione, espugnando con cruenti assalti le cittadine che si erano dissociate dalla rivoluzione antispagnola, come Taormina e Savoca. Milazzo che rimase nell’orbita spagnola, col suo castello inattaccabile, divenne base navale contro Messina. Anche Fiumedinisi si dissociò dalla rivoluzione (gli spagnoli poi vi trasferirono la Zecca in sfregio a Messina), Reggio rimase in potere agli Spagnoli.
La presenza francese non rilanciò l’economia ed i commerci, né risollevò la grama situazione del popolo, vi furono anche incidenti e scaramucce, con uccisioni di ufficiali francesi. In conclusione,
Messina più che alleata, era considerata dai francesi una città soggetta.

La situazione precipitò con la pace di Nimega del 1678, firmata tra Francia e Spagna, all’insaputa di Messina, che metteva fine alla lunga guerra d’Olanda, durata circa 80 anni.
I francesi abbandonarono Messina che ritornò alla mercè degli spagnoli, i quali sfogarono tutta la loro ira in una pesante vendetta in grande stile. Messina fu dichiarata Città Morta, e passibile di ogni violenza ed ogni sopruso, si diede la città in mano alla soldataglia, con tutto ciò che si può immaginare: Stupri, rapine, uccisioni immotivate.

*Il termine “BAJA” ( abbaiata) nel dialetto messinese viene da questo triste periodo, infatti dopo aver violato la casa e le donne dei nobili messinesi, i soldati spagnoli dileggiavano con grida di sfottimento gli stessi nobili incontrandoli per strada, indirizzando nei loro confronti, versi di animali come l’abbaiare prolungato del cane o il verso del gallo, o ancora quello dell’asino … Si gridava ad alta voce il nome del blasonato e si procedeva in coro alla Baja


Le famiglie dei più stretti collaboratori dei francesi ebbero salva la vita con l’esilio, infatti furono portate a Marsiglia dalla flotta francese che dette loro appuntamento alla Baia del Ringo, davanti a
villa Marullo, famiglia discendente dall’eroe di Lepanto venne rispettata dagli spagnoli.
A Marsiglia infatti e nelle cittadine della Costa Azzurra, tanti portano un cognome messinese.

Fu chiusa l’Università, tra le più antiche d’Italia, fu abolita la carica dello Stratigoto, furono disperse le memorie della città, custodite nel Duomo, tra cui le casacche macchiate di sangue, dei caduti messinesi di Tessalonica, per difendere l’Impero Romano d’Oriente dall’invasione concentrica dei popoli confinanti; ad ovest pressavano i Bulgari e gli Arcadi, da Est i Turcomanni.
La tradizione dice che per questo intervento di Messina, l’imperatore Arcadio,  V° secolo d.C., insignì la città  del “Gran Mircì a Missina ”(Grande ringraziamento a Messina), reso visibile dallo stemma imperiale di cui si fregiò Messina fin dall'ora; la croce rossa in campo d'oro. Messina ottenne altri privilegi, per avere approntato una flotta ed un corpo di spedizione in difesa dell’Impero.
Infatti oltre alla concessione del  Gran Mircì furono riconfermati gli antichi privilegi della “ Civis Foederata Romana”; Messina fu nominata sede della Flotta imperiale Bizantina, e fu insignita del titolo di “ Protometropoli  della Magna Grecia, “Caput Siciliae” e “Civis nobilissima", con facoltà di aprire banchi e approdi commerciali in tutto l’impero, di commerciare in occidente il grano siriaco, ecc. ecc.

Gli Spagnoli, demolirono tra l’altro, il Palazzo Senatorio, il Vicerè  Francesco di Benavides, personalmente si appropriò dell’archivio civico messinese, ancora oggi in possesso
dei suoi attuali eredi; chiusero la nobile Compagnia della Stella, umiliandone pubblicamente il Principe Rettore in Carica, strappandogli dal collo, in un ricevimento al Palazzo Reale, la Stella d’oro, simbolo della valorosa compagnia d’armi messinese; privarono  Messina della più antica e sacra reliquia, risalente al 42 d.C. il capello della Madonna e la regalarono alla Chiesa Madre di
Fiumedinisi.
Uno sfregio immane, un’opera di reale imbarbarimento, portato dai militari spagnoli, fu la distruzione e depredazione della villa Marquett, detta anche “ Il Giardino del Paradiso”, sembra che il villaggio Paradiso prenda il nome da essa, era una villa principesca di grandi dimensione con centinaia di stanze, in cui vi erano Un museo, una ricchissima pinacoteca, una fornitissima biblioteca, un antiquarium;  il parco era rigogliosissimo e curatissimo con piante esotiche rare e di ogni tipo.  La famiglia Marquett, di origne francese, fu presa a simbolo della repressione per aver parteggiato per i Francesi durate la rivolta. Spesso in questa villa venivano ospitati Principi e Vicerè, ambasciatori di grandi potenze in visita a Messina.
Messina non si risollevò più,  la virulenta pestilenza del 1743 ed ancora il disastroso terremoto del 1783, che distrusse la città e causò 12.000 morti, concluse il quadro del declino, solo nel XIX secolo  Messina ebbe una ripresa, poi la catastrofe del 28 dicembre del 1908 completarono il quadro desolante che ancora, per tanti aspetti, persiste.

Antonio Cattino© Opera Registrata in Creative Common- non commerciale, non opere derivate.





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